Meglio amiche o colleghe?

 

Di Vera Prada

Intervista a Frida Affer, artista, imprenditrice folle e visionaria, founder di WOVO, concept store erotico milanese e leader di un team tutto al femminile.

 
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A pochi giorni dal Natale ho incontrato Frida Affer, artista e imprenditrice folle e visionaria, come le piace definirsi, per chiacchierare di imprenditorialità femminile, sisterhood e lavoro in team. Per la seconda chiacchierata di Facciamo SalOtto, avrei potuto scegliere una delle tantissime donne imprenditrici che mi è capitato di incontrare negli ultimi mesi. Ma per iniziare il 2021, ho pensato, ci voleva una persona capace e fiera di definirsi folle. L’ho scelta anche perchè il suo punto di vista è così lontano dal mio su alcune cose, mentre la sua vocazione di far incontrare le persone e aprire conversazioni in grado di liberarle, è simile a ciò che ha mosso me nel creare questa rubrica. 

Ho conosciuto Frida grazie a Instagram e, complice la zona rossa di questi ultimi giorni, ho potuto intervistarla solo grazie ai messaggi vocali di WhatsApp. La sua voce mi era famigliare grazie al grande lavoro di divulgazione sulla sessualità che ha portato avanti insieme al team della sua azienda sui social a partire dalle prime settimane di quarantena del marzo scorso. Frida è infatti la fondatrice di WOVO, concept store erotico, che in un’intervista rilasciata qualche tempo fa racconta di aver creato dando voce al desiderio di creare un luogo di incontro tra persone diverse, capace di aprire una conversazione in grado liberare le persone dall’imbarazzo nella sperimentazione sessuale, nel conoscere il proprio corpo e sviluppare un’autocoscienza, nel comunicare desideri, fantasie o malcontenti attraverso un linguaggio appropriato. Così, in uno spazio su due piani in via Savona 45, a Milano, Frida e il suo team tutto al femminile da cinque anni accolgono chiunque entri come una persona amica che sono pronte ad accompagnare in questo viaggio.

Ed è proprio dal suo team che è partita la nostra intervista. Ero curiosa di capire come avesse fatto a creare un gruppo di persone così affiatato ed efficace e di come, seguendo la sua guida, lei e il suo team siano state capaci di oltrepassare a testa e a umore alto, come dice lei, anche una pandemia. 

Come hai creato il team di Wovo?

Il team di Wovo l’ho creato piano piano. All’inizio, in modo molto punk, vedevo una persona, ne vedevo le potenzialità e dicevo “tu potresti fare al caso mio”. Facendo così è capitato che io abbia ricevuto dei no, persone sono arrivate e altre se ne sono andate, come in tutte le aziende. Il mio lavoro è far evolvere WOVO, che non è solo un’azienda, ma parte attiva dell’evoluzione sessuale in Italia. Cerco di fare questo lavoro al meglio e lo posso fare solo gestendo un team favoloso di persone che sto crescendo professionalmente, perchè sono tutte giovani, e che stanno lavorando veramente molto bene. Sono fiera del team attuale, perchè l’ho creato io: con meritocrazia, democrazia, sincerità e trasparenza

Dai vostri contenuti sembra che vi divertiate moltissimo e che siate molto affiatate: che ruolo gioca l’amicizia, la solidarietà femminile, la sisterhood, nel vostro lavorare insieme?

Come dice il detto: “trova il lavoro che ti piace e non lavorerai mai un giorno nella tua vita”? Ho la fortuna di amare il mio lavoro profondamente, anche se sono consapevole che ogni tanto mi dovrei staccare e prendermi più cura di me stessa. Per me sisterhood è sinonimo di amicizia profonda, che può esserci anche tra uomo e donna, ed è una cosa bella e profonda che in questo momento mi manca molto. Con il team di WOVO ci troviamo bene e lavoriamo bene insieme, ma non mi piace parlare di sisterhood all’interno di un ambiente di lavoro, semplicemente perché le sister sono in famiglia. WOVO non è una famiglia, ma è un team fatto di persone che lavorano insieme, che collaborano e che si rispettano, concentrate e precise, che fanno quello che devono fare con efficienza ed efficacia, lasciando i sentimenti in secondo piano.

Quali sono a tuo parere gli elementi che rendono un team efficace?

La collaborazione, prima di tutto. L’assenza di invidia e gelosia. L’energia positiva, che se riesce a coinvolgere anche le altre persone del team diventa entusiasmo. Anche essere coscienti dei propri limiti e comunicarli, chiedere aiuto. Io, per esempio, ho iniziato a sentire il bisogno di persone che mi aiutassero appena non riuscivo più ad avere una vita fuori dal lavoro. Quando ho capito che le mie competenze arrivavano fino a un certo punto, e così ho cercato persone che avessero capacità diverse dalle mie e anche migliori. E, infine, penso che a rendere un team efficace sia quella che io chiamo tolleranza e che, per me, si può creare appunto perchè le persone con cui lavori non sono tue amiche: possono avere pensieri diversi, scelte di vita diverse, poiché siamo qui per lavorare, li accettiamo e basta.

In un’intervista che ho trovato online hai detto “La mia filosofia è: fai quello che vuoi, come vuoi, quando vuoi. Se vuoi mostrare la pancia fallo, se vuoi andare in ufficio vestita in lattice fallo, l’importante è che non ti lasci intimorire dal giudizio degli altri. E per fare questo devi imparare a conoscerti e a trattarti bene”...

Il lavoro è lavoro. Secondo me è controproducente creare dei sottogruppi di donne all’interno di un team, solo perchè, magari, si sentono schiacciate dagli uomini. Se continuiamo a fare così ripetiamo gli stessi errori del passato. Chiudersi in un gruppo assomiglia a chiudersi al mondo. Piuttosto, se una donna si sente di volersi confrontare con un’altra donna, consiglio alla donna con più esperienza, di spingere per far sì che quella che le si rivolge si faccia avanti e, allora sì, insieme, costruire un ambiente più accogliente e inclusivo. 

Come imprenditrice, cosa per te è importante quando guardi il tuo team lavorare?

La precisione, che per me è sinonimo di cura. Ho costruito WOVO sulla cura dei dettagli del servizio, da quando una persona entra a quando esce dal negozio, sia fisico sia online. Questa è anche la parte che ho fatto più fatica a delegare. Per questo, guardo la cura che una persona mette nel suo lavoro e l’intraprendenza che la porta ad andare sempre oltre. Così sono nati molti dei nostri progetti. Ora, per esempio, mentre ti parlo, sono davanti al mio PC, sto pianificando le riunioni di inizio anno e, contemporaneamente, sto scrivendo un nuovo progetto.

Cosa, in questo ultimo anno così strano, vi ha permesso di reagire e trovare il modo giusto per continuare a essere significative per la vostra community?

Sono convinta che sia stata anzitutto la decisione di continuare a fare informazione, in modo gratuito, pulito, tollerante, non giudicante e inclusivo, che è quello che facciamo sempre. E poi, so che può sembrare una risposta veniale, ma quando fai l'imprenditrice non lo è mai: dovevo pagare lo stipendio al mio team e non avevo intenzione di diminuire il fatturato. Sono molto fiera di essere ancora in questa sfida, perchè non ne siamo ancora fuori, con la testa e l’umore alto. 

In che modo?

Abbiamo lavorato tanto, ma abbiamo trovato il modo di farlo divertendoci e nel nostro stile. A me piace definirmi come un’artista, più che solo come un’imprenditrice. Può sembrare altisonante, ma non mi interessa: io mi definisco visionaria e folle e credo che questi elementi stiano alla base del fare delle cose che sono non convenzionali. 

Secondo te, che hai letto questa intervista, quali caratteristiche dovrebbe avere un’imprenditrice? Partecipa al prossimo evento dedicato all’imprenditoria femminile e dì la tua.