Lettera aperta agli italiani, da un'italiana a Londra
Cari tutti,
da italiana a Londra, seguo quotidianamente e con apprensione lo sviluppo della situazione nel mio Paese e mi sento profondamente unita al cordoglio di tutte le famiglie che vivono ore drammatiche, specie nelle comunità in cui il virus si è abbattuto con virulenza; dall’altra avverto, mai come ora la lontananza fisica, il distacco dalla famiglia e dagli amici e l’impossibilità di raggiungerli. Le frontiere chiuse acuiscono ancor di più la sensazione di separazione. E c’è una forte preoccupazione in particolare per i genitori anziani.
Ma c’è, purtroppo, molto di cui preoccuparsi anche qui. Quando il virus ha iniziato a circolare nel Regno Unito, da un giorno all’altro tanti italiani sono divenuti come untori di morte e sono riaffiorati i soliti stereotipi. Per citare due episodi: la scuola secondaria inglese che ha chiuso due giorni per effettuare una “profonda pulizia” poiché alcuni alunni erano di origine italiana, per non parlare poi dell’aberrante affermazione del Dott. Christian Jessen, un noto volto televisivo, che ha affermato che il coronavirus “è una scusa degli italiani per prolungare la loro siesta”.
Fino a meno di due settimane fa, la strategia di Boris Johnson non era quella di seguire il modello italiano, o cinese ma di spingere verso la cosiddetta “immunità di gregge”, sacrificando chi è più debole e vulnerabile. “Preparatevi a perdere i vostri cari”, ha affermato alla televisione, senza batter ciglio, con una superficialità tale da essere definito su The Guardian “levitas incarnate”, la leggerezza incarnata. Dopo quel discorso ho iniziato a pensare seriamente di tornare in Italia, spaventata da questa cinica affermazione e dalla indifferenza generale di colleghi o gente comune che continuava a parlare di una “comune influenza che colpisce solo gli anziani”, come se le persone anziane, avessero meno diritti degli altri di vivere.
Salvo poi che Johnson si sia rimangiato tutto, facendo una retromarcia clamorosa e ha iniziato a seguire l'Italia, sebbene fino alla scorsa settimana le strade di Londra e la metro non erano proprio deserte. Con questo goffo tentativo di agire sempre diversamente dagli altri per poi rendersi conto che da soli non si va lontano, l’Inghilterra ha perso qualche settimana di vantaggio e adesso l’epidemia galoppa e gli ospedali si riempiono, soprattutto a Londra.
Per ironia della sorte, lo stesso Boris Johnson è risultato positivo al virus. Come dice un vecchio proverbio italiano “Non sputare in cielo che in faccia ti torna”. Le stesse voci che hanno guardato con ilarità alla nostra scelta, quasi fossimo i soliti sfaticati, si sono quietate e la popolazione britannica ha manifestato, segni di preoccupazione che si è trasformata in panico, con assalti ai supermercati, quando è stata comunicata la quarantena.
Con un sistema sanitario al collasso, a causa dei tagli continui imposti dall’austerity, non mi sento molto sicura. A preoccupare sono soprattutto le condizioni in cui lavorano i tanti operatori sanitari UE che affollano gli ospedali britannici e che stanno rischiando la propria incolumità, per salvare le vite anche di tanti inglesi. Molti infermieri non hanno neanche a disposizione mascherine e guanti e tantissimi sono quelli preoccupati per la loro sorte e quella delle loro famiglie.
Ma in questo ho anche realizzato quanto fossi fortunata ad essere italiana. Mi sono sentita orgogliosa di essere nata e cresciuta in un Paese che mette le persone prima di qualsiasi calcolo economico. Sono orgogliosa della mia gente, del senso di responsabilità dimostrato fino ad ora e della grande forza d’animo che ritrovo in molti di voi. Siamo un popolo speciale e sebbene la ripresa dopo questa crisi, sarà dura, sono sicura che ce la faremo. Spero che questo brutto incubo finisca presto, anche perché non vedo l’ora di tornare a casa.
Ma soprattutto mi si sta chiarendo sempre di più in questi giorni, l'importanza del bisogno che abbiamo gli uni degli altri. L’importanza della solidarietà e della compassione come valori fondamentali della nostra esistenza.
Stay safe!
Un abbraccio,
Rossella