Superare gli unconscious bias con l’empowerment al femminile

di Tiziana Carella – Psicologa Psicoterapeuta

Volendo creare un tessuto sociale dove le donne abbiano davvero pari potere e possibilità va contrastata non solo la discriminazione di genere più evidente, volontaria e chiara, ma creare una cultura di consapevolezza rispetto ai bias inconsci, che creano una discriminazione inconscia basata sul genere.

 

Il bias cognitivo

ll bias cognitivo, in psicologia, indica un giudizio o un pregiudizio (unconscious bias), non necessariamente corrispondente all'evidenza, sviluppato sulla base dell'interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque a un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio.

Nel conoscere la realtà, nel formarci una opinione sulle persone che ci circondano, nel prendere decisioni facciamo ricorso ai bias inconsci, ovvero a concetti preesistenti. Questi rientrano nel normale funzionamento dei meccanismi della social cognition, pertanto non sono eliminabili. Spesso sono fondati su informazioni distorte e talvolta prive di logica e portano ad una mancanza di oggettività nel formulare un giudizio.

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Quali sono i gender bias?

Stereotipi e pregiudizi di genere inconsci sono spesso veicolati da una educazione al genere discriminatoria, che suggerisce, ancora oggi, ruoli di genere rigidi ed impari. Fondamentale il ruolo dei media o della pubblicità nel veicolare una immagine di donna rilegata maggiormente a mansioni di cura della casa e dei figli, delle agenzie educative, dalla diffusione dei giocattoli di genere o della quantità di favole di ragazze sottomesse o dolci inette “salvate” da principi, fino a barzelle e modi di dire.

Questa educazione al genere implicita determina la formazione di bias inconsci responsabili della disparità di potere anche nelle possibilità di vita professionale.

 

Gli unconscious bias condizionano gli accessi al mondo professionale delle donne

Spesso non siamo consapevoli di quanto sia forte l’influenza di pregiudizi e stereotipi culturali nelle relazioni interpersonali e, tanto meno, sul posto di lavoro.

Gli unconscious bias creano una sorta di specchio deformante che condiziona sia il recruiter nel selezionare ad esempio una donna per un ruolo abitualmente e/o stereotipicamente ricoperto da un uomo, che la donna, la quale rischia di ridurre le sue aspirazioni e la sua crescita professionale, aderendo inconsciamente al gender bias.

Questo fenomeno spiegherebbe il gap tra due evidenze statistiche: le donne hanno migliori risultati scolastici, ma i ruoli più prestigiosi in ambito lavorativo sono ricoperti in maggioranza da uomini.

Gli unconscious bias di genere sono, dunque, parte integrante di quei processi cognitivi che ognuno di noi attiva per relazionarsi con il mondo, formulare giudizi ed assumere delle scelte. Essendo parte del normale funzionamento mentale, non sono eliminabili. E’ possibile però la strada della consapevolezza.

Uno degli strumenti in grado di provare l’esistenza e capace di svelare i nostri bias inconsci è l’Implicit Association Test (Test d’Associazione Implicita), che dimostra le divergenze tra valutazioni consapevoli ed inconsapevoli.

Lo IAT misura la forza delle associazioni tra concetti (ad esempio, persone di colore, persone gay, donne) e valutazioni (ad es. buone, cattive) o stereotipi (ad esempio, atletiche, sensibili, subordinate). Il test IAT quindi mette in evidenza i nostri stereotipi inconsci, come quello mostrato dalla gran parte di uomini e donne, ad esempio, che associano “scienza” a “uomo”.

Possiamo aspettarci che questo bias contribuirà, nella valutazione di un profilo scientifico, in fase di recruiting, nel far ricadere inconsciamente la preferenza su un uomo, piuttosto che su una donna.

Non essendo consapevoli di quanto sia forte l’influenza di pregiudizi e stereotipi culturali nelle relazioni interpersonali e nella carriera lavorativa, appare fondamentale favorire attività utili a riconoscere i preconcetti che albergano a livello inconsapevole, in modo da poterli gradualmente scardinare.

 

Gestire gli unconscious bias del recruiter

Gli unconscious bias del recruiter possono incidere notevolmente, tanto da ridurre sensibilmente il numero di possibilità per una donna di superare una selezione, a parità di competenze rispetto ad un candidato uomo. Talvolta anche il modo in cui viene formulato un annuncio lavorativo ed il linguaggio utilizzato può scoraggiare la candidatura di donne, riducendo così anche la possibilità di accesso al colloquio.

È possibile però favorire delle politiche aziendali attente alla discriminazione di genere inconscia ed all’utilizzo di un linguaggio rispettoso della parità e delle differenze di genere.

Per ridurre l’influenza degli unconscious bias è possibile, ad esempio, prevedere una standardizzazione del colloquio, utilizzando un elenco di domande proposte nello stesso ordine, per assicurare che ognuno abbia la stessa opportunità di esporre le proprie qualifiche, indipendentemente dal genere.

Sta crescendo, inoltre, l’utilizzo della metodologia del blind recruitment, per controllare la variabile degli unconscious bias. Nel blind recruitment vengono omesse, in fase di selezione dei candidati, alcune informazioni relative al genere, l’età o l’etnia, affinché queste non facciano da filtro di sbarramento, attivando bias inconsci, favorendo una valutazione basata sulle reali competenze dei candidati.

 

Dalla parte delle donne: superare gli unconscious bias con l’empowerment

I pregiudizi, le convizioni inconscie legate al gender bias, possono limitare la possibilità per una donna di pensare ad aspirare di rivestire determinati ruoli.

Divenire consapevoli della forza di questi meccanismi mentali, aiuta a riappropriarsi dei propri progetti e desideri professionali. Si tratta di potenziare l’empowerment, ovvero quel processo basato sull'incremento della stima di sé, dell' autoefficacia e dell'autodeterminazione.

Grazie a percorsi orientati all’Empowerment femminile è possibile:

  • Acquisire conoscenza delle motivazioni che guidano i comportamenti e che possono limitare la realizzazione professionale

  • Prendere consapevolezza degli ostacoli generati dai bias inconsci,

  • Esercitare nuovi comportamenti e stili di pensiero più efficaci,

  • Sviluppare una capacità di reagire con maggiore efficacia alle difficoltà nella vita privata e professionale, 

  • Imparare a valorizzarsi.

Attraverso spazi di riflessione profonda su se stesse è, quindi, possibile per far emergere risorse, competenze e caratteristiche e qualità personali e promuovere un maggiora stima in sé e nelle proprie capacità.

Il processo di empowerment aiuta le donne a valorizzare la propria personalità, il proprio talento professionale, migliorando competenze di leadership, ma soprattutto aiuta le donne ad appropriarsi consapevolmente del loro potenziale, libere dagli stereotipi di genere.

 

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Tiziana Carella, Psicologa Psicoterapeuta, svolge attività libero professionale e si occupa del benessere delle persone a largo respiro, convinta che il benessere individuale sia strettamente legato a dinamiche sociali di inclusione, rispetto e valorizzazione delle differenze.

Si occupa di formazione alla prevenzione della violenza di genere per il personale sanitario e di educazione alle differenze nelle scuole, per alunni e docenti. Realizza e conduce, inoltre, progetti di prevenzione al bullismo ed al bullismo omotransfobico, collaborando attivamente con associazioni lgbt ed associazioni finalizzate alla partecipazione attiva delle donne alla vita politica, sociale e culturale.